La tradizione del poké

Arriva dal Pacifico il nuovo sushi (o il nuovo ceviche), ed è subito tendenza. Nasce fra le onde dei surfisti e è un vero comfort food estivo, che si può preparare anche a casa – con questa ricetta

Le mode passano, i gusti restano, e quello per il pesce crudo è forse una delle piccole rivoluzioni gastronomiche globali degli ultimi anni.

Nei Novanta il sushi era ancora qualcosa di esoticamente sconosciuto ai più, poi in un decennio si è moltiplicato in ristoranti popolari, fino a diventare preparazione da supermercato, ma soprattutto ha aperto la strada ad un sapore, una consistenza, un’idea di cibo che non era nella tradizione italiana, ed europea.

Sì, certo, nel Meridione c’è una storia di crudo di mare, rispolverata anch’essa però grazie a questa ondata nipponica.


Se prima il pesce crudo non lo mangiava praticamente nessuno, oggi è normale.
Dopo sushi e sashimi, è stata la volta del ceviche, crudo di pesce peruviano servito con tanto limone, cipolla e un pizzico di peperoncino. 

Oggi il nuovo trend si chiama pokè. È l’hawaiian soul food per eccellenza. Il nome significa “tagliato a tocchi”, ed infatti il pesce è senza lische e fatto a quadrotti, non a fettine.

Tradizionalmente di piovra o di tonno, nasce come piatto povero dei pescatori e quindi nella citola ci finiva un po’ quello che c’era. Il condimento “poke” ha influenze asiatiche, ed infatti viene realizzato con salsa di soia, alghe, olio di sesamo, a cui però si aggiungono cipolle, peperoncino, verdure, spezie del Pacifico e così via. 

La ricetta, nata come contaminazione, si trasforma oggi ancora una volta, accoglie pomodori come fosse una catalana, peperoni verdi, insalata, avocado – oramai la moda è partita e le reinterpretazioni non escludono alcune influenza. Nemmeno quella italiana. 

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